Nel 2017, viene pubblicato un articolo relativo alla conduzione di un test pilota basato su un intervento chiamato REVAMP (Re-Entry Values and Mindfulness Program: valori di recidiva e programmi mindfulness), condotto su un campione di uomini detenuti. REVAMP mirava a ridurre i comportamenti a rischio dopo il rilascio, puntando su alcuni valori di riferimento della mindfulness (per esempio, volontà/accettazione) e monitorando i risultati ottenuti rispetto ai consuetudinari meccanismi d’azione (regolazione delle emozioni, autocontrollo, vergogna/colpa).
Per questo esperimento, 21 persone detenute sono state assegnate in modo casuale a REVAMP, mentre 19 hanno seguito il trattamento come di consueto (in un gruppo di controllo, chiamato TAU).

Per il loro potenziale di miglioramento del comportamento adattivo, infatti, gli interventi basati sulla mindfulness (MBI) sono stati identificati come opzioni di trattamento promettenti per gli autori di reato (Dafoe & Stermac, 2013). La mindfulness promuove la consapevolezza del presente, l’accoglienza dell’esperienza, una mente tranquilla e il non giudizio. Diversi risultati tangibili di queste componenti fondamentali della mindfulness possono servire a ridurre i comportamenti a rischio tra autori di reato che rientrano nella comunità, tra cui la regolazione delle emozioni, l’autocontrollo e le emozioni virtuose.

L’incapacità di regolare le emozioni sembra essere un importante fattore di rischio per il reinserimento delle persone detenute in società. Le indagini condotte sui soggetti recidivi rilevano che gli stati emotivi negativi spesso precipitano la recidiva (Zamble & Quinsey, 1997). La ricerca empirica sostiene che la mindfulness migliora la capacità di identificare e regolare le emozioni (per una rassegna, si veda Chambers, Gullone, & Allen, 2009). La mindfulness promuove un orientamento verso le esperienze interne ed esterne e aumenta la capacità di agire in base all’intenzione piuttosto che all’impulso durante i momenti di disagio. In questo modo la mindfulness rafforza la tolleranza al disagio (cioè la capacità di sopportare un’esperienza angosciante), riducendo al contempo l’evitamento esperienziale (cioè la strategia di evitare un’esperienza spiacevole) e l’impulsività guidata dalle emozioni (cioè la tendenza ad agire impulsivamente quando si è angosciati).

Al termine della attività, i risultati ottenuti hanno mostrato come nel gruppo REVAMP siano aumentati i valori relativi a volontà/accettazione, auto-giudizio e vergogna rispetto al TAU. Gli aumenti relativi nella disponibilità/accettazione sono persistiti a 3 mesi dal rilascio.

È stato dimostrato che REVAMP è associato a una riduzione della recidiva in questo campione. Secondo i registri ufficiali degli arresti, in media i partecipanti a REVAMP sono stati arrestati più tardi e in un periodo di tempo inferiore rispetto al gruppo di controllo. Anche se solo marginalmente significative dal punto di vista statistico, le dimensioni dell’effetto sono state medio-grandi. Da notare che queste misure di esito sono oggettive (provenienti dai registri ufficiali degli arresti) e distali (coprono tre anni dopo il rilascio). Allo stesso modo, le autodichiarazioni di comportamento criminale a tre mesi dal rilascio sono risultate più basse tra i partecipanti a REVAMP, con una significatività statistica marginale e una dimensione media dell’effetto. La coerenza tra i risultati dei self-report e dei registri ufficiali supporta ulteriormente la validità di questi risultati.

Questo studio pilota ha indicato che gli interventi basati sulla mindfulness possono essere promettenti per ridurre i comportamenti a rischio delle persone detenute dopo il rilascio e incoraggia la ricerca futura in quest’area.