Un passo dopo l’altro, si aprono le sbarre, si richiudono dietro di noi. Entriamo in quei luoghi rumorosi, spesso senza anima e senza carattere aspettando di andare a fare il nostro compito con l’illusione di salvare il mondo o meglio le persone che sono state più sfortunate di noi, che sono nate dalla parte sbagliata della strada e che ora sono dentro per aver commesso un crimine, un misfatto, un’atrocità. Le incontriamo e cominciamo a parlare con loro, cominciamo a conoscerle, ci raccontano le loro storie e molto spesso noi riusciamo anche a dimenticare di essere nel fortino.
Andiamo lì con le migliori intenzioni certi anche degli strumenti che utilizziamo, certi che quello che proponiamo è qualcosa di valore, che può cambiare la vita, se si vuole.
Spesso non è così, molte volte riusciamo a cambiare così poco che è come se non cambiasse proprio nulla. Tante volte sentiamo la frustrazione delle cose che potrebbero essere così facili, semplici, quella che chiamo la frustrazione delle cose ovvie: ma come? ma non è possibile? non mi sembrava poi così complicato! Eppure tante volte è così, le cose più semplici diventano le più difficili e quelle complicate, insormontabili.
Poi invece, capita un piccolo miracolo, in mezzo alla fiera delle banalità, alla frustrazione delle cose ovvie, riusciamo a trovare un qualcosa, a far brillare quel pezzo che sembrava vetro e invece è un diamante che non sapeva di esserlo, una volta, una sola volta in mezzo a tanti bicchieri che sono semplicemente vetro frangibile, troviamo qualcosa che non si spezza, che vuole solo essere riconosciuto e fatto brillare. Questo è il nostro compito, lasciare che ogni vetro possa diventare il meno frangibile possibile, insegnargli a cavarsela in mezzo agli elefanti e riconoscere il diamante.
Ogni giorno con pazienza, determinazione e fiducia, un passo dietro l’altro attraversiamo i lunghi corridoi per raggiungere le nostre aule di consapevolezza e ogni volta che incontriamo le persone che con noi hanno voglia di sperimentarsi, lucidiamo, rendiamo brillante e temperiamo ogni superfice.
La bellezza di quella volta in cui tutto funziona, tutto ritrova un suo sistema di equilibrio e qualcosa di nuovo splende, ripaga delle tante volte che subiamo la frustrazione dell’ovvio.

Stavo steso sul letto, respiravo e contavo le espirazioni, a un certo punto ho visto il mio corpo da fuori e mi sono detto: ma quello steso lì sono io! io sono quel corpo steso sulla branda qui in carcere, se io esco da quel corpo non sono più in carcere! Ed ho odiato quel corpo, proprio lo ho odiato, poi mi sono detto che non dovevo odiarmi e che dovevo rientrare nel mio corpo, e così quando sono rientrato non mi sono odiato. Poi ho riflettuto sul fatto che posso scegliere dove portare il mio corpo! [P. 3° reparto Bollate]

Vengo dal colloquio con mia moglie e mi ha detto che mi vede diverso, più tranquillo e anche più affettuoso. Le ho raccontato che sto facendo un corso e che è bello parlare, riflettere e meditare; che meditare mi calma e mi fa a volte anche sentire di essere fuori di qui, soprattutto quando facciamo le meditazioni con la musica dell’acqua e degli uccelli. Lei ha detto che vuole farla anche lei, perché se a me ha fatto bene ci vuole provare pure lei, e che quando esco la dobbiamo fare insieme. [B. 3° reparto Bollate]

Oggi ho avuto la pagella, quest’anno è stato molto pieno di cose che ho fatto, prima il corso sulla rabbia, poi quello di informatica, la scuola, poi ho ripreso il percorso di consapevolezza, ho fatto veramente tante cose e oggi quando la professoressa mi ha dato la pagella mi sono messo a piangere, mi sono commosso come un bambino, mi ha preso proprio qui nel petto e sono stato felice e orgoglioso. [I. 7° reparto Bollate]

Non credevo di riuscire a prendere un impegno, la cosa più stancante è che mi devo svegliare presto per lavorare in cucina, però ho capito. Anche questi amici del gruppo mi hanno aiutato a capire che mi devo impegnare, che devo fare un progetto, non posso solo pensare che poi va bene. [N. 7° reparto Bollate

Ogni appuntamento è un’occasione per capire meglio come ci sono finito in questo pasticcio, qual è la mia responsabilità, la leggerezza che diventa reato. [A. 7° reparto Bollate]